mercoledì 22 novembre 2023

Intervista: Andrea Guglielmino

Buongiorno a tutti gli amanti dei fumetti!
Vorrei iniziare la giornata di oggi inaugurando la sezione delle interviste. Primo protagonista di questo spazio è lo scrittore, saggista e sceneggiatore di fumetti Andrea Guglielmino, che gentilmente ha accettato la mia proposta ed è approdato sullo Scaffale dei fumetti. Quindi benvenuto!

Intervista a Andrea Guglielmino 

1. Chi è Andrea Guglielmino?
Se ti sentisse il mio omonimo genovese risponderebbe “ex libraio e travet”. Ci siamo conosciuti perché io scrivevo libri e lui li vendeva… non c’è un solo Andrea Guglielmino… esiste un autentico Guglielminoverse! Quanto a me, io mi definisco scrivente più che scrittore. A volte mi sento “agito” dalla scrittura. Comincio a scrivere appunti già di prima mattina e a volte durante le lunghe notti insonni, perché la mia testa sta poco ferma. Magari sono solo appunti per la spesa… ma a volte i racconti nascono anche da lì. E’ un modus vivendi: se qualcosa è scritto, esiste. Viene portato dall’iperuranio al piano della realtà. Non puoi fare veramente programmi o progetti se non li scrivi, e anche gli appuntamenti, se non li segni da qualche parte, sfumano. Scrivere significa per me realizzare, e questo sono io. Che poi pubblichi un fumetto, un saggio sul cinema, una vignetta satirica o un articolo di giornale è solo contestuale a quale media mi permetta di ottenere il massimo in termini espressivi e/o economici in quel momento.

2. Come ti sei appassionato alla scrittura e ai fumetti? E’ qualcosa che ti porti dietro da quando eri piccolo oppure è qualcosa di più recente?
Da bambino, ero piccolissimo, avevo un pupazzetto dell’Uomo Ragno. No, non si chiamavano ancora action figures e non si chiamava ancora Spider-Man, almeno qui in Italia. Era una sorta di Barbie, ma con le fattezze del tessiragnatele, potevi togliergli il vestito e mettergli quello di Superman, se volevi… perché ce n’erano di tutti i super-eroi. Tutto è nato da lì… dato che quello era il mio migliore amico mia madre cominciò a leggermi i “giornaletti”. No, non si chiamavano ancora fumetti. Quante cose non si chiamavano ancora, eh? Nemmeno io mi chiamavo fumettista, ma il germe era già piantato.

3. Cosa pensi della trasposizione filmica di un fumetto?
Che per far sì che riesca bene bisogna conoscere benissimo e rispettare entrambi i media. Non è una questione di contenuto ma di linguaggio. Il cinema dovrebbe essere in grado di rifare quello che fanno i fumetti, ma sfruttando le sue specifiche prerogative, ovvero – oltre a quelle che ha in comune col fumetto, come luci e inquadrature – anche quelle che gli sono proprie, come il movimento e il sonoro. Purtroppo molto spesso tutto questo passa in secondo piano perché i cinecomic non vengono più affidati ad autori esperti ma a registi di manovalanza in mano ai manager delle grosse case di distribuzione. A volte i risultati sono semplicemente mediocri – come nella maggior parte dei film Marvel Studios – altre volte giungono al ridicolo: ricordo una tarda trasposizione di Hellboy (quella con l’attore David Harbour, per capirci) molto malriuscita, dove gli scenografi avevano inserito degli alberi triangolari per scimmiottare lo stile fumettistico di Mike Mignola. Ma non è così che funziona. Bene invece Guillermo Del Toro che con la sua sensibilità piegava ombre e luci per far sì che il risultato fosse equivalente a quanto reso dal tratto dell’artista, ma coi mezzi del cinema.

4. Cosa significa per te la parola fumetto? Cosa ti trasmette? Che scenari spalanca?
Tecnicamente, è fumetto tutto ciò che è espresso tramite il balloon… la nuvoletta con la pipetta. All’estero si chiamano Comics, o Historietas, o Bandes Dessinées… ma in Italia abbiamo capito perfettamente qual è la prerogativa del media, assieme allo spazio bianco tra una vignetta e l’altra, che ha soltanto il fumetto e si può sfruttare narrativamente in maniera potentissima. Nello spazio bianco tra una vignetta e l’altra può passare mezzo secondo (pensiamo a Tex che dà un pugno al nemico e alla reazione di quest’ultimo) o anni (immaginiamo un personaggio giovane e poi nella vignetta successiva la sua versione anziana). Questo non c’è nemmeno al cinema, anche se lo stacco tra un’inquadratura e l’altra può sembrare simile, ha una diversa continuità. Come dice Alan Moore il fumetto è il media più complesso e più potente. Col fumetto puoi raccontare due storie diverse, una tramite le didascalie e una tramite i disegni, e il lettore potrà seguirle allo stesso modo senza confondersi. Al cinema è molto più complesso. In qualche modo io ho sperimentato questa soluzione nel mio Garibaldi Vs. Zombies, dove le didascalie esprimevano pareri contrastanti della critica sul fumetto medesimo. Ogni media ha la sua versione “meta” ma il fumetto la serve su un piatto d’argento.

5. C’è qualche fumetto o manga a cui ti senti particolarmente legato?
Tutti quelli di Frank Miller, Alan Moore, e ovviamente il Dylan Dog di Tiziano Sclavi, quello dei famosi/famigerati primi cento numeri… in generale mi piacciono tutti gli autori che sperimentano col media cercando di spingere l’espressione al massimo livello.

6. Che rapporto hai con i manga?
Non ho specifiche preclusioni sul manga, ma non sono particolarmente sul pezzo, specie su quelli recenti. Io sono del ’76, quindi ho vissuto la grande invasione degli anime in Italia, dal Goldrake passato in Rai a tutti gli altri che sono poi arrivati sulle reti private. Ma a quei tempi non sapevamo nemmeno che esistessero dei manga dietro a tutti questi cartoni animati. Li ho scoperti tardivamente, da ragazzo, quando hanno cominciato ad arrivare anche in Italia… lì ho cominciato a scoprire i grandi autori: Buronson e Ken il guerriero, Go Nagai… recentemente sto rileggendo tutta la saga di Devilman, compresi i vari spin-off come Violence Jack. Ho anche l’idea di scrivere io un manga, sempre per il progetto ‘Risorrhorgimento’ di cui fa parte Garibaldi Vs. Zombies. E’ presto per parlarne, ma se fate due più due, ci potete arrivare.

7. Quali sono i tuoi generi preferiti e perché.
Non posso dire di avere dei generi preferiti, una narrazione potente lo è a prescindere dal genere. Forse ce ne sono alcuni che bazzico più di altri per questione di età e appartenenza: l’horror, l’avventura, la fantascienza. Sono un ragazzo cresciuto negli anni ’80 con Indiana Jones, Star Wars, E.T. e Ritorno al Futuro… molto banale, se vogliamo. E le letture a fumetti hanno seguito quest’onda: supereroi in primis e poi il fumetto popolare italiano. Oggi però leggo di tutto, se la stanchezza me lo permette. Ci sono delle graphic novel drammatiche che mi hanno colpito molto, ad esempio ‘Anestesia’ di FumettiBrutti.

8. Come nascono i tuoi lavori?
Possono nascere in mille modi. Dipende anche se partono da me o se sono su commissione. Quando scrivo su ‘Samuel Stern’, ad esempio, si tratta di veicolare la mia creatività su un personaggio creato da altri. Mi sono ritagliato un mio spazio con la saga del ‘Secondo Girone’, una sorta di linea narrativa parallela. Se invece è una mia idea di solito assume i tratti dell’ossessione. In un paio di casi, come per Garibaldi vs. Zombies o per il fumetto che pubblicherò a breve con Weird Book, ci credo talmente tanto che arrivo a investirci di tasca mia. E poi, magicamente, un editore si trova. Ovviamente, ma questo è banale, alla base c’è sempre un’idea. Uno scrittore ha mille idee al minuto. La maggior parte si schiantano contro un muro, una o due germogliano. Dopotutto è come nascere: quanti spermatozoi perdono la corsa? Solo uno è vincente. Per cui dico sempre a chi mi chiede consigli che se hai una sola idea nel cassetto e ti concentri su quella e basta, probabilmente non è abbastanza e non ce la farai. Mai affezionarsi troppo alle idee. La parte importante arriva dopo.

9. Preferisci il fumetto italiano o straniero?
Non ho alcun tipo di preferenza in questo senso. Come ti dicevo, leggo di tutto e questo vale anche per la provenienza.

10. Cosa consiglieresti di leggere a chi ha voglia di immergersi nel mondo del fumetto per la prima volta?
E’ una domanda troppo personale. Dipende dalla propria storia, dalla propria età, dal proprio percorso personale. Non potrei certo consigliare Violence Jack a un bambino di dieci anni. Naturalmente, se ci si rivolge ai classici difficilmente si sbaglia, dai Peanuts allo Spider-Man di Lee e Ditko, il mondo del fumetto è pieno di classici senza tempo, come quello della letteratura.

11. Quali sono i libri che secondo te un appassionato di fumetti deve avere sul proprio scaffale?
Se intendi libri a fumetti, certamente ‘Watchmen’, ‘Il ritorno del Cavaliere Oscuro’. ‘Maus’… ce ne sono tanti. A livello di letteratura per me il libro dei libri è ‘La Storia Infinita’ di Michael Ende, un romanzo filosofico ricco di simboli e spunti che va molto oltre la pur graziosa pellicola che ne è stata tratta negli anni ’80 (e sicuramente oltre i suoi bruttissimi sequel). Chi vuole imparare a raccontare troverà in questo libro magico un’interazione col lettore che raramente si è vista altrove, e molta, moltissima ispirazione. Non è solo per amanti del fantasy. ‘La storia infinita’ parla a tutti perché è la storia di tutti noi.

12. Quando ti siedi per lavorare segui una scaletta o ti lasci guidare dalla creatività?
Dipende dalle fasi. C’è sempre un momento di brainstorming in cui si buttano al fuoco tutte quelle idee di cui ti dicevo prima, e in quel caso è bene non porsi limiti, ma quando poi ci si mette al tavolo per costruire una sceneggiatura una scaletta è assolutamente necessaria. Nel fumetto non puoi improvvisare, devi sapere esattamente quante pagine coprirà la tua storia e farcela entrare. In narrativa magari è un po’ diverso, ma comunque è bene conoscere in linea di massima gli sviluppi della propria trama prima di mettersi a scriverla in maniera definitiva.

13. Cosa pensi delle numerose scuola di fumetto? Vale la pena frequentarle? Pesi sia utile?
Sono figlio di una di queste. Ho frequentato la Scuola Romana dei Fumetti tra la fine degli anni ’90 e l’inizio dei 2000. Pensavo di fare il disegnatore, ma invece… mi sono appassionato alla scrittura e al linguaggio del cinema e del fumetto. In effetti per il 60% del mio tempo svolgo il lavoro di giornalista e critico cinematografico e per il resto quello di sceneggiatore di fumetti. Questo per dire quanto una scuola possa essere importante nella formazione. Mi hanno cambiato la vita e l’approccio le lezioni di “storyboard” (ma in realtà era tecnica narrativa cinematografica a tutto tondo) del compianto Paolo Morales. Ovviamente, bisogna stare attenti a scegliere la scuola giusta, che sia qualificata e ben organizzata. Di solito, basta vedere da quali sono usciti i maggiori talenti degli ultimi anni. Io ero compagno di corso di Stefano Caselli, per esempio, che poi ha fatto successo come disegnatore in Marvel.

14. Gioie e dolori del tuo lavoro. Quale dei tanti?
Come ti dicevo io sono uno scrittore a 360° e non posso smettere di farlo nemmeno se volessi. Forse uno dei problemi principali è questo, la difficoltà a disconnettere. Il giornalismo mi dà l’impegno quotidiano e anche il grosso del mio vivere, la saggistica mi rilassa, il fumetto mi fa soffrire perché a volte ti incagli su una storia e può essere molto frustrante… ma poi quando si sciolgono i nodi, e arriva al pubblico, soprattutto quando apprezza, è una soddisfazione enorme.

15. Com’è stato il tuo Lucca Comics 2023?
Ottimo dal punto di vista del successo personale. Con Bugs Comics abbiamo presentato il saggio ‘16x21 - L’era dei bonellidi’, che ho scritto insieme al collega Francesco Fasiolo, che si incentra su un periodo importante della storia dell’editoria italiana. Quando, dopo l’A.D. 1986 – per noi non ‘Anno Domini’ ma ‘Anno Dylan’ – le nostre edicole si riempirono di epigoni narrativi o editoriali dell’Indagatore dell’Incubo. Il formato degli albi era sempre 16x21, quello appunto usato dagli albi Bonelli. Alcuni erano imitazioni poco rilevanti, altri però furono forieri di talento e qualità, come ‘Lazarus Ledd’, ‘Gordon Link’ o ‘John Doe’. Un momento di grande fermento editoriale che abbiamo voluto raccontare tramite schede specifiche sulle testate, una parte teorica che contestualizza storicamente il fenomeno e delle interviste ai protagonisti dell’epoca: autori, editori, esperti. Nel libro c’è anche un fumetto, scritto da Giovanni Barbieri con la supervisione di Giuseppe Di Bernardo e Gianmarco Fumasoli e disegnato da Fabio D’Auria, un autentico cross-over che fa incontrare tre personaggi dell’”era dei bonellidi”: Desdemona de ‘L’Insonne’, Samuel Sand e un altro Samuel… il Samuel Stern che oggi, proprio grazie a Bugs Comics, tiene alto il baluardo del bonellide in Italia. Il testo, uscito con tre variant differenti, è stato molto richiesto. Ho firmato molte copie e le due variant erano esaurite sul sito Bugs a pochi giorni dal rientro da Lucca (c’è ancora però ampia disponibilità della cover regular). Anche la presentazione ufficiale, piazzata in un giorno non proprio felice (giovedì alle 10:00) è stata molto partecipata. Poi c’è stata la Lucca parallela, quella che ho fatto come addetto ai lavori e inviato di CinecittàNews, il giornale ufficiale di Cinecittà per cui lavoro… e che ho portato a casa nonostante la solita logistica difficile, tra pioggia e folle oceaniche. Tra un impegno e l’altro, mi è capitato per puro caso di dare la voce al TG1 proprio a Frank Miller, uno dei miei idoli. Mancava il doppiatore e serviva uno che avesse fatto radio, cosa che in effetti fa parte della mia formazione. Una bella sorpresa. Ma Lucca è anche stare insieme e incontrare per caso tanti amici e belle persone con cui hai condiviso pezzetti di vita. Da quel punto di vista è un piacere a prescindere.

16. Adesso la domanda di rito. Cosa bolle in pentola? Progetti per il futuro? Collaborazioni?
Talmente tante cose che nemmeno me le ricordo tutte. Nell’immediato c’è il fumetto con Weird Book di cui però non posso ancora parlare… quando sveleremo il titolo però molti resteranno a bocca aperta! Poi un progetto importante con Omar Pedrini, grande musicista e fondatore, a suo tempo, degli storici Timoria, e il disegnatore Andrea Manfredini. Ho appena consegnato una storia per la rivista ‘Giallo’ di Leviathan Labs, che dovrebbe uscire per il Napoli Comicon, grande omaggio al cinema di Dario Argento. Ad aprile uscirà per Emmetre Garibaldi vs. Frankenstein, il sequel di Garibaldi vs. Zombies. E’ presente un mio racconto breve, molto natalizio, sulla raccolta ‘Folies Alcooliques’ appena uscita su Amazon e pubblicata da Scarlet Danae. E ancora un saggio sulla saga di Predator con alcuni colleghi e una piccola soddisfazione personale: a dicembre, sulla rivista del fan club di Dylan Dog chiamato “Dylandogofili”, apparirà una mia breve parodia a fumetti disegnata da Nicola Rubin. Non è una storia ufficiale Bonelli, ma è comunque stato divertente approcciarmi così al personaggio, dato che comunque l’umorismo fa molto parte di me.

Francesco Balestri

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