Buongiorno a tutti fumettari di questo mondo!
A pochi giorni di distanza dall'intervista ad
Andrea Guglielmino...sono qui a proporvene una nuova di zecca! Protagonista di questo spazio è
Andrea Manfredini, un 'interior designer con la spiccata passione per i fumetti.
Intervista ad Andrea Manfredini
1. Chi è Andrea Manfredini?
Andrea Manfredini è uno guidato dalla passione, dalla curiosità, dalla sperimentazione, dalla ricerca del bello, dalla voglia di comunicare, di confrontarsi, di assorbire conoscenza, arte, tutto quanto lo arricchisca e lo faccia sentire bene. Sempre alla ricerca di nuove proposte musicali, letterarie, di nuovi viaggi, di persone interessanti dalle quali assorbire cultura e condividere le proprie esperienze, con cui sviluppare e realizzare idee fino a renderle fruibili e godibili per gli altri, ha trovato nel fumetto il mezzo per mettere insieme tutte queste cose e cercare di lasciarle per chiunque vorrà goderne. Non ci sono libri o quaderni dove non appaia qualche disegno, a lato dei testi, nei risguardi, in qualsiasi spazio bianco, fin da quando ha memoria e fin dai più vecchi cimeli conservati tutt’oggi dai genitori.
L’amore per il fumetto arriva ancor prima di iniziare a leggere e non smette più.
Tra un progetto di interior design e l’altro, trova il tempo (spesso tra le 5 e le 7 di mattina prima di svegliare la banda per andare in ufficio e a scuola) per coltivare una passione viscerale, una necessità fisica che, se non assecondata, crea malessere più della peggiore delle tossicodipendenze.
2. Come ti sei appassionato alla scrittura e ai fumetti?
La passione per i fumetti è venuta in tenera età, ben prima di imparare a leggere, quando passavo spesso il finesettimana dai miei nonni materni e sfogliavo copie di Topolino di mio zio. Poi l’altra nonna, con la quale stavo più spesso durante la settimana dopo l’orario scolastico, ogni tanto mi comprava le bustone della Corno dove trovavo diversi numeri di fumetti di supereroi. Immagino che la passione sia nata in quegli anni perché da allora non ho mai smesso di avere qualche fumetto per le mani. Ricordo ancora con grande gioia quando un compagno di scuola della prima superiore un giorno arrivò in classe col numero 22 de L’Uomo Ragno Star Comics. Fu una vera epifania che mi portò ben presto a non mancare mai l’appuntamento, in edicola prima e in fumetteria poi.
Col passare degli anni e frequentando la Scuola del Fumetto di Milano ho capito che difficilmente sarei riuscito a diventare un bravo scrittore e un buon disegnatore, così mi sono concentrato sul secondo. Oggi, sono sempre pieno di idee da sviluppare e ogni volta cerco lo scrittore giusto con cui farlo.
3. Se ti chiedo di spiegarmi in due parole la differenza tra fumetto e graphic novel cosa mi rispondi?
Che l’italiano è una lingua bellissima e ricchissima di termini per descrivere tante piccole variazioni della stessa cosa e che non sento alcun bisogno di dare al fumetto un nome diverso, essendo esso stesso già comprensivo di un modo di raccontare peculiare e ben specifico. L’esterofilia della lingua ci rende più interessanti (o più cool, se vogliamo usare un termine internazionale)? A mio avviso no, ma quando un termine entra nel parlare comune, allora possiamo usarlo per identificare qualcosa di ben riconoscibile. Oggi Graphic Novel dovrebbe indicare quel tipo di fumetto non solo di puro intrattenimento, ma con una cifra artistica superiore e più impegnativa, mentre Fumetto sembra essere caratteristico del “nazional popolare”, del “commerciale”, del “mainstream”. Ok, forse è così, forse no, forse non serve neanche…
4. Cosa pensi della trasposizione filmica di un fumetto?
Parliamo di Cinecomics, quelli ispirati ai personaggi di un paio di case editrici ben definite? È da diverso tempo che non mi interessano più. Erano qualcosa di originale e insolito fino alla prima metà degli anni 2000, con alcuni esempi davvero epici e alcuni che sono diventati delle vere opere d’arte animata, davvero. Poi il business ha decisamente e malamente preso il sopravvento e dello spirito originale dei racconti ai quali si ispirano, o meglio, dei personaggi che vi vengono rappresentati, è rimasto davvero poco. Detto questo, pellicole come i Batman di Burton, Watchmen, Sin City, alcuni X-Men, il primo Spiderverse animato, a me sono piaciuti tantissimo! Certo, anche nella migliore delle trasposizioni non si può immaginare la fedeltà assoluta al fumetto, come del resto avviene anche per i romanzi, semplicemente perché si tratta di adattare delle opere a mezzi diversi da quelli per i quali sono state concepite, che hanno dei codici e dei linguaggi differenti.
5. Cosa ti piace di più in un fumetto? Quali sono secondo te i suoi punti di forza?
Sono un disegnatore, la cosa che mi colpisce di più in un fumetto è il disegno, direi che è scontato. Spesso, chiacchierando con gli amici fumettisti, facendo il buffone, dico che una brutta storia disegnata bene è più facile che abbia successo, piuttosto che una bella storia disegnata male:D. La verità, dal mio punto di vista, è che mi è capitato molto più spesso di dimenticare di cosa parla un fumetto, ma di avere ben chiare alcune tavole e allora probabilmente la storia non era granché, anche se i disegni erano epici. Per quanto mi riguarda, mi auguro sempre che le idee che ho siano abbastanza buone e gli scrittori coi quali collaboro abbastanza bravi in modo da rendere apprezzabili anche i miei disegni :P
6. C’è qualche fumetto o manga a cui ti senti legato e ricordi con piacere?
Dio ama, l’uomo uccide, L’ultima caccia di Kraven, Oudeis, gli X-Men di Claremont/Byrne (a dire la verità praticamente tutto quello che ha fatto Byrne), Akira, 2001 Nights (gli unici manga che ho davvero apprezzato), la linea editoriale “Legends” della Dark Horse dei primi anni 90 e poi c’è “Lo Scorpione” di Marini/Desberg, che mi ha talmente folgorato che quando mi sono sposato mi sono ispirato ad alcune scene del fumetto per realizzare un minifumetto da usare come invito per l’evento!
7. Che rapporto hai con i manga?
Da quello che ho scritto sopra direi che sia evidente quanto non sia particolarmente attratto dal manga. Qualche eccezione c’è chiaramente, ma è un modo di raccontare e disegnare che non mi appartiene e non sento mio, quindi, consapevole di perdere anche delle vere pietre miliari, faccio sempre molta fatica a interessarmene.
8. Quali sono i tuoi generi preferiti e perché.
Sono cresciuto fondamentalmente a pane e supereroi, poi ho scoperto la fantascienza leggendo Asimov e l’ho cercata anche nel fumetto (ed ecco che non a caso apprezzo Akira e 2001 Nights): la saga a fumetti più bella che io abbia in mente è senz’altro Hammer, pubblicato a inizio anni 90 dalla Star Comics e ristampato qualche anno fa in una versione rivista, corretta e ampliata, che poi purtroppo non proseguì come era invece nelle intenzioni del gruppo di autori che l’aveva concepita allora. Qualche incursione nel western, nel giallo e nell’horror le ho fatte e a tal proposito non posso dimenticare come scoprii The Walking Dead per caso: stavo cercando qualche fumetto horror per documentarmi in vista della realizzazione di una storia con degli zombi, che poi non vide a luce, ma questa è un’altra storia, perché è un genere che non mi piace particolarmente , ma volevo mettermi alla prova. Un bel giorno trovai nella mia fumetteria di fiducia il secondo volume della prima edizione italiana e da lì, recuperato il primo, non ne ho saltato uno! Ecco, se c’è un genere che proprio non mi piace è il fantasy: orchi, fate, maghi, la mummia saltimbanco il nano voltagabbana (questa è una citazione di un vecchio compagno di scuola a Milano) non mi hanno mai fatto impazzire. E Pensare che quando qualche anno fa, quando ero il direttore editoriale di Cagliostro E-Press, contribuii a supervisionare “Sette Sigilli”, uno dei maggiori successi dell’editore di Cassino: roba da pazzi! :D
9. Come nascono i tuoi lavori?
Tutto nasce quasi sempre da qualcosa che ho letto o visto, un articolo di giornale, un libro, ultimamente mi ispira tantissimo la musica che ascolto e di cui ho fatto numerose illustrazioni. Di solito cerco di scrivere qualche riga malamente per fissare l’idea, poi mi metto alla caccia dello scrittore scriteriato che abbia voglia di intraprendere il viaggio insieme a me; purtroppo l’ostacolo più grande è il poco tempo che ho io a disposizione per dedicarmi al disegno, perciò spesso l’anello debole della catena produttiva sono io. In un paio di casi da mie idee sono nate delle miniserie di cui poi ho curato la realizzazione e per le quali ho disegnato una manciata di episodi, lasciando ad altri disegnatori la maggior parte del lavoro. Non si può sempre fare tutto, né fare tutto da soli; come scienziati nello studio di diversi fenomeni, spesso le grandi scoperte vengono dall’intuizione di qualcuno, ma per portarne a termine lo studio serve una squadra in grado di fare tutto il lavoro necessario. Altre volte le idee restano nel cassetto per anni prima di essere sviluppate e in certi casi ci resteranno per sempre, forse perché non arriva la loro occasione, ma forse anche perché non sono così buone…
10. Preferisci il fumetto italiano o straniero?
Dicevo prima: sono cresciuto coi supereroi, ma il fumetto italiano ha fior fiore di autori e se oggi ne vediamo tanti impegnati nel mercato internazionale, vuol dire che la qualità c’è. È piuttosto da cercare nella struttura del mercato e nella cultura generale il motivo per cui il fumetto in Italia non sia così tanto considerato; va da sé che il fumetto italiano non sia così florido e ricco come lo sono ad esempio quello francese, quello americano o quello giapponese.
11. Cosa consiglieresti di leggere a chi ha voglia di immergersi nel mondo del fumetto per la prima volta?
Io invito soprattutto chi ha figli o nipoti a proporre loro diverse letture, a seconda delle età e poi pian piano valutarne il gusto e capire cosa può essere più adatto. È fondamentale educare alla lettura e all’arte in generale e ognuno troverà quello che più lo attira. Forse una strada semplice potrebbe essere quella di proporre una lettura a fumetti del genere preferito di chi abbiamo di fronte: a chi piacciono i supereroi proporrei l’Uomo Ragno, a chi la fantascienza l’Omac di Byrne, un Tex per il western, The Walking Dead per l’horror e così via…
12. Hai qualche libro da consigliare a chi vuole farsi le ossa?
Ah, da disegnatore, dico che non può mancare il mitologico “How to draw comics the Marvel way” di Stan Lee e John Buscema, “Il corpo in movimento” di Burn Hogart, ma questa è roba da vecchi! Oggi con i videotutorial sul web, si può trovare qualunque cosa e sicuramente impratichirsi col gli strumenti di disegno digitale è fondamentale;)
13. Cosa pensi delle numerose scuole di fumetto? Vale la pena frequentarle?
Com’è stato studiare alla Scuola di fumetto di Milano?
Oggi come oggi, devo ammettere che sono decisamente inflazionate e non sono sicuro che tutte siano in grado di formare gli aspiranti fumettisti in maniera corretta. Quando io frequentai la Scuola Del Fumetto di Milano, non c’era molta offerta e in quel tipo di scuole trovavi generalmente grandi professionisti affermati e insegnanti di materie artistiche molto preparati. Oggi ho la sensazione che in diverse occasioni qualcuno si improvvisi insegnante per sfruttare maggiormente le competenze acquisite senza avere una visione chiara di quello che saranno poi gli sbocchi dei suoi potenziali allievi e di come si sta evolvendo il mercato. Una volta si andava a bottega dai maestri, spesso per pochi soldi, con tanta voglia e un sogno. Nella mia esperienza con Cagliostro E-Press, ho avuto modo di vedere tanti esordienti, arrivare carichi di entusiasmo, belle idee, molta autostima, ma il più delle volte poca o nessuna idea di cosa stessero affrontando: il fumetto, come qualsiasi altro settore, è un mercato con delle regole e un modo di funzionare. In più, è un mercato dove la meritocrazia ha ancora una certa importanza; infatti per entrare non importa chi sei e da dove viene, ma quello che sei in grado di fare. Ai tanti ragazzi che sono passati sotto le mie grinfie, ho sempre cercato di trasmettere che per fare il professionista devi prima di tutto essere professionale: dedizione, costanza, rispetto dei ruoli, delle scadenze, affidabilità. Ho avuto a che fare con alcuni meravigliosamente dotati, ma incapaci di organizzare il lavoro e di seguire le indicazioni su come presentare le tavole per andare in stampa; in altri casi, autori meno bravi hanno mostrato da subito di poter diventare dei buoni professionisti e infatti qualcuno di loro lo è diventato. Questo è un altro aspetto, pur non direttamente attinente con il mio fare fumetti, del quale sono particolarmente orgoglioso!
14. Gioie e dolori del tuo lavoro.
Le gioie non sono tantissime, come numero intendo ma, sono state enormi, almeno per me. la più grande finora, è avere visto i miei disegni pubblicati e quei fumetti nelle mani di diversi lettori. Un paio di anni fa ho illustrato il libro di una rockstar italiana, Omar Pedrini, un tempo chitarrista e paroliere dei leggendari Timoria e poi solista, autore per la tv, docente universitario, attore e tanto altro e ho partecipato ad alcune presentazioni in libreria, disegnando dal vivo e facendo dediche. È stata un’esperienza meravigliosa che mi ha fatto anche conoscere nuovi amici coi quali condivido la passione per questo artista, oltre a collaborare con lui direttamente. Quello che proprio mi manca è potere disegnare di più e con più continuità ma, essendo una persona positiva, godo del fatto di potermi permettere di fare le cose che mi piacciono perché ho un lavoro che amo e che mi permette di mangiare tutti i giorni.
15. Ti andrebbe di parlarmi di Fumettisti dal vivo? Cos’è e come funziona.
Fumettisti dal vivo: è un collettivo nato sulle ceneri dei “Mattoni a fumetti”, iniziativa promossa da Massimo Bonfatti e altri fumettisti modenesi all’indomani del terremoto dell’Emilia del 2012 per raccogliere fondi a scopo benefico. All’inizio di quest’anno, dopo avere dichiarata conclusa quell’esperienza, abbiamo voluto mantenere vivo il gruppo di artisti che lo compongono e il suo spirito, così, chiusa l’esperienza dei mattoni, continuiamo a fare eventi dove disegniamo dal vivo illustrazioni originali che vendiamo per sostenere cause benefiche. Il nostro maggior impegno di quest’anno è andato a sostegno dei Comuni della Bassa Romagna in seguito all’alluvione di inizio Maggio, ma ci siamo anche impegnati per una casa di riposo di Modena e per l’AIL.
16. Adesso la domanda di rito. Hai progetti per il futuro? Collaborazioni?
I miei progetti per il futuro consistono nel portare a termine l’adattamento di “Viaggio Senza Vento”, il disco che nel 1993 consacrò definitivamente i Timoria nel panorama musicale italiano. Ci sto lavorando da un po’ di tempo insieme ad Andrea Guglielmino, anche lui appassionato dello storico gruppo bresciano e a Omar Pedrini stesso. Di più ora non posso dire perché l’orizzonte non è ancora ben nitido neanche per noi, ma se ne sentirà parlare, è sicuro! Ho risposto a tutto vero?!?
Fine dell'intervista.
Vorrei a questo unto ringraziare Andrea per la disponibilità e la pazienza per aver risposto a questa fiumana di domande. Beh, mi pare che di carne al fuoco ce ne sia abbastanza e che sia ben deciso a continuare ad attizzare questo fuoco nella maniera più consona per farci venire la voglia di leggere (e vedere) tutto quanto, no?
Francesco Balestri